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Interviste - Alex Crippa

20 Gennaio 2021
Alex Crippa

Quest'oggi intervistiamo Alex Crippa, ormai noto sceneggiatore italiano (e internazionale) che lavora da qualche anno con Tatai Lab per la realizzzione di due importantissime serie, fiori all'occhiello del nostro catalogo: Green Hell e The Last Game!

 

- PARLACI UN PO' DI TE, PRESENTATI AL PUBBLICO DI LETTORI: CHI SEI? CHE TIPO DI FORMAZIONE HAI (HAI FREQUENTATO SCUOLE DEL FUMETTO? SEI AUTODIDATTA), QUALI SONO I TUOI GUSTI IN FATTO DI FUMETTI?
Ciao a tutti! Mi chiamo Alex Crippa e sono sceneggiatore professionista da più di vent’anni. Scrivo di tutto per tutti. Principalmente fumetti per l’editoria italiana e francese, ma ho anche progettato videogiochi per Kinder Ferrero in passato e attualmente sono nello staff di sceneggiatori della serie animata Meteoheroes in onda su Sky. Inizialmente mi sono formato leggendo un sacco di fumetti e libri, guardando un sacco di film, giocando a un bel po’ di videogame. Cosa che faccio ancora oggi, ma quando sei teenager non pensi che tutto quel tempo passato immergendoti in storie di tutti i tipi ti sarebbe servito un domani. Scrivevo a tempo perso, più che altro racconti autoreferenziali o inizi di romanzi mai finiti che leggevo solo io. Poi a vent’anni decisi di iscrivermi al corso di sceneggiatura della Scuola del Fumetto di Milano per dare una direzione alla mia scrittura e capire se potevo farne una professione. Fu così che capii che regole, strutture e schemi non erano un limite ma l’unico modo per creare storie che avessero senso e prendessero vita. Poco dopo il corso ho iniziato a pubblicare e, tra alti e bassi, non mi sono ancora fermato. Non solo, dal 2008 insegno proprio nella scuola dove mi sono formato, un bel cerchione che si chiude. I miei gusti fumettistici spaziano molto, non ci sono generi, stili o formati che non apprezzo. In generale non tollero le incoerenze in una storia, la non credibilità: puoi raccontare quello che vuoi, realistico, fantastico, fantascientifico, ma se non riesci a convincermi che tutto quello che sto leggendo ha senso, vuoi perché non aderisce alla realtà che hai scelto o perché le regole del mondo che hai inventato non reggono, ti mollo.

 

- PERCHE' FAI QUESTO LAVORO? QUAL E' IL TUO OBBIETTIVO?
Mi piace creare storie che vengono realizzate in squadra, unendo più talenti, e visto che io non so disegnare né colorare né animare, sceneggio storie che poi verranno disegnate, colorate, animate da altri. Non so scrivere romanzi, non riesco a concepire e realizzare una storia che sta in piedi solo con le parole, ho bisogno di immagini. Per questo il fumetto mi realizza creativamente. Il mio unico obbiettivo al momento è continuare a lavorare così.

 

- CHE PROGETTO HAI REALIZZATO PER TATAI LAB, E CHE PROGETTO STAI REALIZZANDO (senza spoiler), CE NE PUOI PARLARE?
Tatai Lab è una realtà editoriale che ti permette di spaziare tantissimo con la fantasia per poter creare mondi e personaggi nuovi, freschi, inediti. Il mio esordio con Tatai è stato il primo volume di GREEN HELL (il secondo è imminente…), disegnato da Francesco Castelli e colorato da Alessandro “Kapa” Costa, due assi, e lì ci siamo davvero divertiti a inventare un mondo originale, con le sue regole e i suoi misteri, tutt’ora in espansione. Poi ho creato col disegnatore Federico Butticé, da un’idea di Emanuele Tenderini, un altro mondo fantastico in cui vorrei vivere, quello di THE LAST GAME. Ho sceneggiato l’intera trilogia, i primi due volumi sono usciti, il terzo è in arrivo.

 

- COSA PENSI DEL MERCATO DEL FUMETTO OGGI, SIA PER QUANTO RIGUARDA QUELLO ITALIANO CHE INTERNAZIONALE, ANCHE IN RELAZIONE AD ALTRI MEDIA DI INTRATTENIMENTO (VIENE DA PENSARE, SUBITO, PER ESEMPIO AI VIDEOGIOCHI)?
Ormai non ci sono più distinzioni tra un media e l’altro, tutto è favolosamente contaminato, intrecciato, interscambiabile: da una serie a fumetti traggono una serie tv che a sua volta genera film che genera videogiochi da cui si possono trarre altri fumetti, serie, film, e gli universi che si creano forniscono spunti per altri universi e viceversa... la trovo una cosa meravigliosa. Non importa se alcuni prodotti sono fini a se stessi, se alcuni funzionano e altri no, se molte robe fanno schifo e altre sono capolavori: per quanto mi riguarda finché si continua a sperimentare, a creare, a raccontare storie noi avremo sempre qualcosa da leggere, guardare, giocare e infiniti spunti per il nostro lavoro. Il problema in questa sovrabbondanza di offerta sta nel discernere fra il Bene e il Male, ma questo riguarda solo i gusti personali, è assolutamente soggettivo. Mai apprezzato l’universo di Star Wars, ma chi sono io per giudicare un miliardo di fan? Detto ciò, a mio umilissimo parere in Italia ancora non c’è questa idea di condivisione e accettazione di altri formati, stili, generi che esulano dal proprio orticello. Generalizzando, si tende un po’ al campanilismo. Come abbiamo superato (più o meno) i pregiudizi verso il fumetto, per cui chi li fa non viene più considerato un autore di seconda classe, così dovremmo capire, per esempio, che chi progetta un rpg open world deve avere un talento smisurato.

 

- QUALI SONO I "PRO" DI FARE IL LAVORO DI FUMETTISTA?
Tempo e spazio: rispettando i tempi di consegna, lavoro quando e dove mi pare. Non ha prezzo fare un tirata di due giorni dalla mattina alla sera per completare e consegnare una sceneggiatura per poi passare tutto il giorno seguente, magari un mercoledì qualunque, a platinare il videogioco che stai ultimando.

 

- E I "CONTRO"?
Non avere mai la certezza del tuo futuro lavorativo. Ok, sono vent’anni che mi mantengo con quello che scrivo, ma non c’è nessun contratto di nessun editore o società che mi garantisce la continuità del mio lavoro. Da un lato è un bene perché non ci si annoia mai, devi sempre essere pronto ad accettare i lavori più disparati nel tuo ambito. Dall’altro devi convivere con questa insicurezza.

 

- CHE IMPATTO HANNO (/HANNO AVUTO) I SOCIAL MEDIA NEL TUO STILE, NEL TUO MODO DI LAVORARE E NEGLI OBIETTIVI CHE TI PONI DI RAGGIUNGERE?
Non sono molto social. A fine anni ‘90 fui l’ultimo tra i miei amici e colleghi ad avere una connessione, a fine anni zero l’ultimo ad aprire un blog e solo tre anni fa ho aperto un profilo face book. Non è snobismo, è principalmente pigrizia unita alla cocciuta ostinazione che se un’opera è valida non serve convincere il pubblico a comprarla, basta il passaparola… È un’idea antiquata e fuori tempo massimo, lo so, ma son fatto così. Non sono contro i social media, tutt’altro, seguo quello che mi interessa e tendenzialmente sono abbastanza aggiornato sugli argomenti che riguardano il mio lavoro, direttamente o indirettamente. E ovviamente aggiorno il mio profilo quando esce o sta uscendo una mia nuova pubblicazione. Ma dovrei imparare a usare meglio i social, a considerarli una risorsa, non un ostacolo. Il mio “problema” è che quando scrivo una storia cerco di dare il massimo approfondendo ogni aspetto e curando ogni dettaglio, relazionandomi il più possibile coi disegnatori e venendo incontro alle esigenze di tutti, così quando finisco un lavoro mi sento stanco e soddisfatto e voglio solo rilassarmi o passare ad altro… non ho voglia di gestire anche la comunicazione social! È un atteggiamento sbagliato ma, oh, l’ho detto all’inizio: pigrizia.

 

- COME VEDI IL FUTURO DEI FUMETTI? COME VORRESTI SI EVOLVESSERO, SOPRATTUTTO IN RIFERIMENTO AL MERCATO E AI LETTORI ITALIANI?
In generale lo vedo bene il futuro. Credo che il fumetto sia uno dei pochi prodotti d’intrattenimento che potrà sopravvivere a piraterie, pandemie e apocalissi varie perché molto legato al proprio supporto fisico. Un pdf di un capitolo di Sin City o di un volume di Pedrosa non potrà mai competere coi rispettivi cartonati. Più il fumetto diventerà un “oggetto prezioso” più il mercato ne gioverà. Io sono una mosca bianca, continuo a comprare cd, per dirne una, e il più possibile nei negozi (sta diventando sempre più dura, cacchio, sono come Mad Max in cerca di taniche di benzina)… Ma non si deve necessariamente essere inguaribili nostalgici dei supporti fisici o collezionisti incalliti per apprezzare un fumetto ben confezionato e realizzato, magari con gadget e allegati che in digitale non si possono avere, con copertine alternative a bassa tiratura che diventano subito delle rarità. A mio parere, più si crea esclusività intorno al fumetto, più il mercato ne gioverà. Gli americani in questo sono dei maestri, ma anche in Italia qualcosa si sta muovendo. Non entro nel merito della qualità dei fumetti in sé, delle storie e dei disegni, perché ci saranno sempre prodotti ottimi e prodotti pessimi, con tutte le sfumature nel mezzo. Sottolineo solo che un fumetto scritto e disegnato bene avrà più chance di essere letto se confezionato e presentato anche bene.

 

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